LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima sezione civile 
 
    Composta da:  
        Francesco Antonio Genovese - Presidente; 
        Carlo De Chiara - consigliere; 
        Maria Acierno - consigliere; 
        Mauro Di Marzio - consigliere; 
        Marina Cirese - consigliere rel., 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
iscritto al n. 24548/2016 R.G. proposto da: 
        B. F., rappresentato e difeso dall'avv.  Alessandro  Ferrara,
con domicilio eletto presso il suo studio in Roma,  via  Sardegna  n.
29, ricorrente, contro Ministero dell'interno, intimato,  avverso  il
decreto del Giudice di pace di Roma pubblicato il 4 agosto  2016  nel
proc. n. 55846/16 R.G. 
    Udita la relazione svolta nella pubblica udienza  dell'11  maggio
2018 dal consigliere Marina Cirese; 
    Udito l'avv. Alessandro Ferrara per il ricorrente; 
    Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Federico Sorrentino, che ha concluso per l'accoglimento  del
ricorso. 
 
                           Fatti di causa 
 
    1. Il Giudice di pace di Roma  ha  convalidato  la  misura  della
consegna del  passaporto,  con  obbligo  di  firma  due  giorni  alla
settimana presso un ufficio di polizia, emessa il 2 agosto  2016  dal
Questore, ai sensi dell'art. 14, comma 1-bis, decreto legislativo  25
luglio 1998, n. 286 (t.u.  imm.),  nei  confronti  del  sig.  B.  F.,
cittadino del Senegal, attinto da decreto prefettizio di espulsione. 
    2. Il sig. B. F. ha  proposto  ricorso  per  cassazione  con  tre
motivi, illustrati anche con memoria. 
    L'Amministrazione intimata non ha svolto difese. 
 
                       Ragioni della decisione 
 
    1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando  violazione  degli
articoli 24 e 111 Cost. in relazione agli articoli 13, comma 8, sesto
e settimo periodo, e 14,  commi  1-bis  e  5,  t.  u.  imm.,  nonche'
dell'art. 3 decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto  1999,
n. 394, come modificato dal decreto del Presidente  della  Repubblica
18 ottobre 2014, n.  334,  si  censura  l'emissione  del  decreto  di
convalida senza  il  previo  svolgimento  di  un'udienza  davanti  al
giudice  con   la   partecipazione   necessaria   di   un   difensore
dell'interessato.   Ad    avviso    del    ricorrente    si    impone
un'interpretazione costituzionalmente orientata del richiamato  comma
1-bis dell'art. 14 t. u. imm., che non prevede l'udienza  davanti  al
giudice di pace investito della richiesta di convalida  della  misura
in  questione,  ma   prevede   soltanto   la   possibilita'   di   un
contraddittorio cartolare (il destinatario della misura  deve  essere
avvisato che ha facolta' di presentare al giudice, personalmente o  a
mezzo  del  suo  difensore,  memorie   o   deduzioni   scritte).   Il
contraddittorio orale, con la presenza necessaria di un  difensore  e
dunque la  nomina  di  un  difensore  d'ufficio  in  mancanza  di  un
difensore di fiducia, e' infatti un profilo essenziale del diritto di
difesa e del giusto processo in tema di liberta'  personale  tutelata
dall'art. 13 Cost.; e le misure -  come  quella  di  cui  trattasi  -
alternative al  trattenimento  in  un  centro  di  permanenza  per  i
rimpatri  sono   «funzionalmente   preordinate   alla   realizzazione
dell'espulsione con accompagnamento coattivo  alla  frontiera»,  onde
«devono godere delle medesime guarentigie costituzionali previste per
la convalida del trattenimento». 
    2. Con il secondo motivo, denunciando  violazione,  ex  art.  117
Cost., dell'art. 7, par. 3, della direttiva 2008/115/CE come recepita
dal decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89, art. 3,  conv.  in  legge  2
agosto 2011, n. 129, in riferimento alle modifiche apportate all'art.
14, comma 1-bis, t. u. imm., nonche' violazione dell'art.  5  CEDU  e
degli  articoli  47  e  48  della  Carta  dei  diritti   fondamentali
dell'Unione europea, come interpretati dalla Corte di  giustizia  con
le sentenze 5 novembre 2014, C-166/13 Mukarubega e 10 settembre 2013,
C-383/13, M.G. e N. R., la tesi della  obbligatorieta'  della  difesa
tecnica da esercitarsi in udienza, con la nomina di un  difensore  di
ufficio in mancanza di' un difensore di fiducia, quale manifestazione
del  diritto   fondamentale   di   difesa   e   del   principio   del
contraddittorio,  viene  riproposta  anche  sotto  il  profilo  delle
richiamate norme sovra nazionali. 
    3. Con il terzo motivo, denunciando la violazione degli  articoli
13-bis e 14, commi 1-bis e 5, t.  u.  imm.,  dell'art.  23  legge  24
novembre 1981, n. 689, degli articoli 737 e 738 codice  di  procedura
civile, degli articoli 6 e 13 Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,  nonche'  degli
articoli  13,  24,  e  111  Cost.,  si  censura   l'apoditticita'   e
sostanziale   inesistenza   della   motivazione   del   provvedimento
impugnato, la quale si sostanzia, ad  avviso  del  ricorrente,  nella
semplice affermazione del mancato svolgimento di attivita'  difensiva
da parte dell'interessato: cio' che, per un verso,  non  consente  di
ricostruire il percorso logico seguito dal giudice  nel  decidere,  e
dunque non costituisce  motivazione;  per  altro  verso  e'  comunque
illegittimo, perche' il mancato svolgimento  di  attivita'  difensiva
non comporta l'automatica convalida della misura. 
    4. La  questione  sollevata  con  il  primo  motivo  di  ricorso,
concernente il contrasto con gli articoli 13  e  24,  secondo  comma,
Cost. della mancata previsione che il  giudizio  di  convalida  della
misura si svolga in udienza, con  la  partecipazione  necessaria  del
difensore dell'interessato,  eventualmente  nominato  d'ufficio,  non
appare  manifestamente  infondata,  ne'  e'  superabile  in  via   di
interpretazione costituzionalmente  orientata  del  disposto  di  cui
all'art. 14, comma 1-bis, t. u. imm. (inserito dall'art. 3, comma  1,
lettera d), n. 2), decreto-legge 23 giugno 2011, n.  89,  conv.,  con
modif., nella legge 2 agosto 2011, n. 129). 
    4.1. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 144 del 1997,  ha
avuto occasione di verificare la compatibilita' con gli articoli 13 e
24 Cost.  dell'istituto  -  per  certi  versi  analogo  -  introdotto
dall'art. 6, comma 3, della legge 13  dicembre  1989,  n.  401,  come
sostituito dall'art. 1 della  legge  24  febbraio  1995,  n.  45,  di
conversione del decreto-legge 22 dicembre 1994, n. 717,  che  prevede
la facolta'  del  questore  di  prescrivere  a  determinate  persone,
distintesi per comportamenti violenti in occasione di  manifestazioni
sportive, la comparizione presso un ufficio di polizia negli orari in
cui si svolgono dette manifestazioni, al fine  di  impedire  la  loro
partecipazione a queste ultime. In tale sede la  Corte  ha  osservato
quanto segue: 
        «... il diritto di difesa, come la Corte ha gia' rilevato  in
altre occasioni, ammette una molteplicita' di discipline, in rapporto
alla varieta' dei contesti, delle sedi e degli  istituti  processuali
in cui esso e' esercitato (sentenza n. 48 del 1994), al punto che  la
stessa assistenza del difensore puo' e deve  trovare  svolgimento  in
forme  adeguate  sia  alla  struttura  del  singolo  procedimento   o
dell'atto che va adottato (sentenza 160 del 1995), sia alle  esigenze
sostanziali del caso sottoposto all'esame del giudice. 
    Il ricorso, nella disposizione oggetto di  denuncia,  al  modello
della convalida non impone, dunque, necessariamente di  assegnare  al
procedimento  le  medesime  garanzie  previste   per   la   convalida
dell'arresto  e  del  fermo  di  polizia  giudiziaria.  La   identica
qualificazione data al procedimento stesso, sul piano degli  istituti
processuali,   non   consente,    infatti,    di    trascurare    che
il provvedimento qui assunto da parte del  giudice  per  le  indagini
preliminari ha  portata  e  conseguenze  molto  piu'  limitate  sulla
liberta'  personale  del  destinatario,  rispetto  a   quelle   delle
anzidette misure pre-cautelari' o  di  altre  ancora  che,  comunque,
incidono in maniera ben piu' rilevante, sullo stesso bene. 
    Detti rilievi appaiono ancor piu'  pertinenti  ove  si  consideri
che, nella  fattispecie  oggetto  della  disposizione  censurata,  la
necessita'  di  garantire  all'interessato  una  adeguata  difesa  va
coniugata con la celerita' nell'applicazione della misura, condizione
necessaria  perche'  la  stessa  possa  rivelarsi  efficace,  si'  da
giustificare, in un equilibrato  rapporto  fra  esigenze  in  giuoco,
l'adozione di forme semplificate attraverso le quali possa esplicarsi
il contraddittorio». 
    La Corte ha pertanto escluso l'incostituzionalita' dell'istituto,
salvo che nella parte  in  cui  «non  prevede  che  la  notifica  del
provvedimento del questore contenga  l'avviso  che  l'interessato  ha
facolta' di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie
o deduzioni al giudice per  le  indagini  preliminari»,  al  fine  di
«assicurare all'interessato la concreta ed effettiva conoscenza delle
facolta' di difesa di cui puo' fruire». 
    Con  riguardo  alla  difesa  tecnica  in  materia   di   liberta'
personale,  la  medesima  Corte,  nella  sentenza  n.  160  del  1995
(richiamata  in  quella  appena  menzionata),  aveva  osservato   che
«l'obbligatorieta'   dell'assistenza   difensiva,   con   conseguente
necessita' che il  giudice  provveda  alla  nomina  di  un  difensore
d'ufficio  in  mancanza  di  un  difensore  di  fiducia,  opera   con
riferimento al processo penale (e parimenti al processo per le misure
di sicurezza e a quello per le misure di prevenzione) in cui viene in
rilievo il valore fondamentale della liberta'  personale;  altrimenti
"il legislatore ordinario puo' anche non spingersi fino al  punto  di
imporre la difesa tecnica, restando cosi' libero di prescrivere o  no
la nomina del  difensore  d'ufficio  in  mancanza  del  difensore  di
fiducia e, a  maggior  ragione,  di  prescrivere  o  no  l'intervento
obbligatorio del difensore nel concreto svolgersi  del  procedimento"
(sentenza n. 160 del 1982)». Nella sentenza n.  160  del  1982  aveva
rimarcato   che,    nella    sua    giurisprudenza,    l'affermazione
dell'obbligatorieta' della difesa tecnica «si trova sempre e soltanto
con riferimento al processo penale di cognizione, agli  incidenti  di
esecuzione penale, al processo per le misure di' sicurezza,  tra  cui
il ricovero in manicomio giudiziario, ed al processo per le misure di
prevenzione, espressamente  modellato  dall'art.  4  della  legge  27
dicembre 1956, n. 1423, sullo schema degli arti. 636 e 637 cod. proc,
pen. : procedimenti caratterizzati, tutti, dal compimento di indagini
e valutazioni preordinate all'adozione ed esecuzione di misure penali
o di misure che "trovano causa nella pericolosita' sociale-criminale"
del soggetto (v. le sentenze n. 168 del 1972 e n. 69 del 1975)». 
    Nella richiamata sentenza n. 144  del  1997  la  questione  della
obbligatorieta' o meno della difesa tecnica e' stata  definita  sulla
base del criterio della maggiore  o  minore  gravita'  dell'incidenza
della misura sul diritto fondamentale alla liberta' personale. 
    Sotto tale  profilo,  la  misura  dell'obbligo  di  presentazione
presso un ufficio della  forza  pubblica,  di  cui  alla  lettera  c)
dell'art.  14,  comma  1-bis,  t.  u.  imm.,  applicata   all'attuale
ricorrente, sembra differire in maniera significativa da  quella  che
e' stata oggetto di detta sentenza. 
    Infatti, pur sostanziandosi entrambe le  misure  nell'obbligo  di
presentarsi, in giorni e orari  determinati,  presso  un  ufficio  di
polizia, i riflessi di tale obbligo  sulla  liberta'  di  chi  vi  e'
sottoposto sono ben diversi, essendo  l'obbligo  finalizzato,  in  un
caso,  ad  impedire  all'obbligato  di  assistere  a   manifestazioni
sportive, nell'altro,  invece,  ad  assicurare  l'esecuzione  di  una
misura di ben altro impatto, quale l'espulsione  con  accompagnamento
alla frontiera. 
    Il procedimento di convalida  della  misura  in  esame,  inoltre,
differisce da quello di cui all'art. 6, comma 3, della legge  n.  401
del 1989, cit., anche sotto un altro profilo rilevante  ai  fini  del
diritto di difesa in materia  di  liberta'  personale,  quello  della
«concreta ed effettiva conoscenza delle facolta'  di  difesa  di  cui
puo' fruire» il destinatario della misura, non  a  caso  sottolineato
dalla richiamata Corte costituzionale n. 144  del  1997  nel  sancire
l'illegittimita' costituzionale di quel procedimento nella  parte  in
cui non prevedeva l'espresso avviso concernente tali facolta'. Appare
invero evidente la diversa efficacia che detto avviso puo' avere  ove
rivolto, generalmente, a  un  cittadino,  che  in  quanto  tale  puo'
presumersi  essere,  per  cultura  personale  e   radicamento   nella
societa', maggiormente consapevole dei propri diritti e  capace,  tra
l'altro,  di  produrre   al   giudice   scritti   difensivi   redatti
personalmente, rispetto a quanto lo sia un soggetto  di  nazionalita'
estranea  all'Unione  europea,  presumibilmente  inibito  da   limiti
culturali e sociali che ne ostacolano le consapevolezze,  nonche'  le
capacita' di autodifesa. 
    Le conclusioni  tratte  da  Coste  cost.  n.  144  del  1997  con
riferimento all'obbligo di presentazione presso un ufficio di polizia
previsto dall'art. 6, comma 3, della legge n. 401 del 1989, cit., non
sembrano quindi riproponibili nel caso della misure di  cui  all'art.
14, comma 1-bis, t. u. imm., dati i rilevanti profili  di  diversita'
tra le due fattispecie. Si giustifica pertanto  il  dubbio  circa  la
compatibilita' di  quest'ultima  norma  -  nella  parte  in  cui  non
assicura all'interessato adeguate garanzie difensive, in  quanto  non
prevede che il giudizio di convalida si  svolga  in  udienza  con  la
partecipazione necessaria del suo difensore e la  conseguente  nomina
di un difensore di ufficio in caso di mancata nomina di un  difensore
di fiducia - con la garanzia giurisdizionale di cui all'art. 13 Cost.
in tema di provvedimenti limitativi della liberta' personale e con il
diritto di  difesa  in  giudizio  riconosciuto  dall'art.  24,  comma
secondo. 
    4.2. Tale  dubbio,  inoltre,  non  puo'  essere  risolto  in  via
interpretativa, come invece  suggerito  dal  ricorrente,  attesi  gli
insuperabili limiti letterali della disposizione di  legge  sospetta.
La «facolta' di presentare  personalmente  o  a  mezzo  di  difensore
memorie o deduzioni al giudice della convalida»,  prevista  dall'art.
14, comma 1-bis, t. u. imm., e' chiaramente  alternativa  all'udienza
di convalida con  la  partecipazione  necessaria  del  difensore  del
destinatario, eventualmente nominato d'ufficio, prevista  invece  per
le misure del trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri
e dell'accompagnamento alla frontiera, rispettivamente, dall'art. 14,
comma 4, e dall'art.  13,  comma  5-bis,  t.  u.  (contra  Cassazione
2297/2018, che, senza tuttavia  motivare  al  riguardo,  ha  ritenuto
necessaria anche per le misure  alternative  l'udienza  prevista  dal
comma 4 dell'art. 14 t. u. imm., relativo invece alla  convalida  del
trattenimento). 
    4.3. Consegue da quanto sin  qui  osservato  che  deve  ritenersi
rilevante nel presente giudizio e  non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,  comma  1-bis,
t. u. imm., in quanto non prevede che il giudizio di convalida  della
misura di cui alla lettera c)  di  tale  disposizione  si  svolga  in
udienza  con  la  partecipazione   necessaria   del   difensore   del
destinatario (con conseguente nomina di un difensore  di  ufficio  in
caso di mancata nomina di un difensore di fiducia), per contrasto con
gli articoli 13 e 24, comma secondo, Cost. 
    Si impone, pertanto, ai sensi dell'art. 23 della legge  11  marzo
1953, n. 87, la sospensione del presente  giudizio  con  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.